Test Drive

BMW 320d Msport (G20), il test drive

Per un appassionato di motori il lancio di una nuova generazione di BMW Serie 3 è sempre stato un evento particolare: di macchine pensate soprattutto per chi ama la bella guida non ce ne sono molte sul mercato (salvo ovviamente le sportive vere e proprie)… ma anche oggi si può considerare un avvenimento da ricordare? Nell’ultimo decennio BMW ha dimostrato di voler ampliare moltissimo il suo target, con evidenti riflessi sul prodotto e con esiti alterni: una vettura che si rivolge a uno spettro più ampio di potenziali clienti deve necessariamente accontentare molte più esigenze. Questa volta a farmi compagnia non è solo l’eccitazione che solitamente provo quando sto per guidare una nuova macchina ma anche una certa perplessità, condita da un piccolo rancore verso chi ha deciso di uscire dalla sua amabile nicchia di mercato.

Perplessità che si rafforza alla vista della macchina. Se avete già letto altri articoli presenti nel sito saprete che ritengo assurdo che un costruttore come BMW si sia liberato di un talento come quello di Chris Bangle per accontentarsi di mezze figure. Per loro fortuna il marchio ha stilemi ben consolidati che anche questa G20 non si fa mancare: proporzioni corrette e doppio-rene la identificano come bavarese doc… il problema è tutto il resto. Da quando lo stilista americano ha lasciato Monaco (per accasarsi guarda caso in Italia) è tutto un susseguirsi di cose rimasticate, rischiando sempre l’effetto di un lifting non sempre riuscito. Il frontale di questa Serie 3, pieno di dettagli come le increspature del fascione anteriore, ne è un esempio lampante. Il doppio rene spezzato su due piani, uno verticale e uno a voltare sul cofano, è esteticamente discutibile (quello estruso, tridimensionale, della generazione precedente era una cosa che si poteva salvare). Guardando la macchina di fronte, si ha la pessima sensazione di un volume tagliato con l’accetta a causa dei paraurti che terminano in maniera eccessivamente brusca. Nel complesso il frontale risulta un pò goffo, e l’allestimento sportivo, che solitamente gioca furbescamente sul gusto racing, non migliora granché le cose.

Dietro la situazione non migliora: l’unico vago rimando alla tradizione (elemento che non si può trascurare con un marchio come questo) è rappresentato dalle luci ad L, solo nel cromatismo; per il resto il design è un pò insipido, né bello né brutto, e potrebbe appartenere a qualsiasi auto, forse strizzando un pò troppo l’occhio al gusto orientale, mercato fondamentale per BMW, ma mantenendo i difetti volumetrici di quello anteriore. Nel complesso la trovo un’auto un pò insipida, non brutta ma sovraccarica di dettagli discutibili e che in definitiva non convince, né tanto meno colpisce al cuore come una E36, a mio giudizio la miglior Serie 3 di sempre.

Anche nell’abitacolo la tendenza è quella di andare verso soluzioni anche gradevoli ma già viste. Le BMW erano vetture apprezzate anche per il loro il sobrio minimalismo di cui invece si è persa traccia. Come per gli esterni infatti, sebbene i volumi nell’insieme risultino piacevoli, trovo ci sia una sovrabbondanza di dettagli pesanti come le articolate cornici cromate messe un pò ovunque: l’ansia di caratterizzare ogni particolare rasenta il barocchismo. Mi piace molto invece il volante, un classico sterzo a tre razze nella versione sportiva, correttamente dimensionato e ottimamente rifinito che ricorda, questo sì, i vecchi volanti BMW. Anche la strumentazione, completamente digitale, mi è piaciuta molto, al contrario di altre simili: ha una definizione veramente ottima, è graficamente piacevole e molto ben realizzata. La qualità percepita non delude: materiali e rifiniture sono molto buone (ma quale auto al giorno d’oggi è costruita male?).

Sarà almeno bella da guidare? Mi accomodo in macchina e mi sento subito a casa: seduta perfetta, spazio ideale (che non abbonda ma che pure non manca), strumentazione davanti agli occhi. Almeno in questo è ancora una BMW; vorrei il volante un pelo più verticale ma non va nemmeno male così com’è. Lo spazio disponibile dentro la G20  è paragonabile a quello dell’Alfa Romeo Giulia, teoricamente la sua concorrente diretta. Mi metto in marcia e la cosa che mi colpisce subito è l’estrema silenziosità della macchina, non un difetto ma nemmeno la situazione ideale per chi cerca un pò di coinvolgimento nella guida, “difetto” peraltro comune alla stessa Giulia, parlando di berline sportive.

Il propulsore invece, pezzo forte di ogni BMW che si rispetti, è una piccola opera d’arte: è prontissimo, potente, ha un’erogazione sempre corposa; è gustoso nonostante sia un “ordinario” 4 cilindri 2.0 diesel, benché disponga di un raffinato compressore bi-stadio sequenziale, ovvero due turbine di dimensioni differenti. Da notare che la potenza dichiarata è praticamente identica a quella del 6 cilindri 3 litri di una decina di anni fa. Il cambio, l’ormai inossidabile ZF a 8 marce che equipaggia praticamente tutte le macchine di questo tipo, è un prodigio della tecnica: è rapido, quasi inavvertibile, pronto a tutto. Ho sempre sostenuto che 8 marce fossero troppe; tecnicamente la scelta si spiega col fatto che questa configurazione aiuta a tenere il motore nell’arco di giri ideale, ma pensavo che costringere a un’infinità di cambi marcia fosse deleterio non solo per il comfort ma anche per la guida. Nella realtà si apprezza proprio questa sua peculiarità nel mantenere il propulsore sempre brioso a qualsiasi andatura. Lo si sente ovviamente lavorare molto ma visto il suo aplomb, quantomeno nella modalità standard, la cosa non disturba più di tanto. Gli effetti di questa riuscita abbinata motore-cambio si riflettono in una guida che riesce ad essere veramente brillante e divertente. Anche lo sterzo è migliorato: ora è più leggero, come nella Giulia, anche se non preciso come quello dell’italiana; d’altronde lo schema dell’avantreno è nuovamente un classico ma poco raffinato McPherson. Con la nuova Serie 3 ci si può muovere con grande disinvoltura e un certo piglio sportivo anche se le sensazioni che ritorna non sono raffinate come quelle dell’Alfa Romeo. D’altronde l’autotelaio non è all’altezza di quello che in FCA si chiama “Giorgio” (grazie al quale FCA ha alzato molto l’asticella del segmento), e si sente sia nell’inserimento di curva che nella fedeltà a seguire l’anteriore del retrotreno.

Altra questione che mi ha lasciato perplesso è l’assetto. Non ho mai amato le vetture con gli ammortizzatori a regolazione elettronica perché ritengo che una buona messa a punto meccanica basti per trovare il giusto compromesso, e anche in questo caso non ho ben capito il senso di questo optional. In modalità “soft” per così dire la Serie 3 sembra una vettura generalista; in modalità “normal” ha uno strano comportamento discordante, come capita con una ciclistica tradizionale quando molle e ammortizzatori non lavorano sulla stessa lunghezza d’onda: la macchina è ben frenata ma è fastidiosamente flaccida sulle piccole sconnessioni. Leggo sulla cartella stampa ufficiale che la nuova 320 dispone di ammortizzatori a doppio smorzamento denominati “lift-related“: forse un sistema ancora acerbo, che necessita di essere ottimizzato. Nella modalità più sportiva invece la G20 si comporta sostanzialmente come dovrebbe comportarsi una BMW Serie 3, ovvero in grado di disimpegnarsi efficacemente senza essere scomoda. Ecco il motivo che mi porta a preferire le auto con assetti passivi standard: l’assetto ideale è solo uno.

Che dire dunque di questa nuova Serie 3? Quando sono sceso dalla macchina l’entusiasmo non era a mille. Intendiamoci: ce ne fossero di macchine come questa, però rispetto a chi oggi fa di meglio, fa la figura della solita tedesca, non bellissima e anche un pò asettica nella guida, come sempre ben progettata ma priva del fascino delle BMW di un tempo. Non a caso il costruttore sta puntando più sui contenuti tecnologici della vettura che non sull’indole sportiva (che infatti non abbonda), come si può chiaramente vedere nel video di lancio del modello e anche nel dépliant.

Un piccolo focus sulle dotazioni tecnologiche. La macchina in prova era dotata dell’ormai diffuso “Lane Departure Warning”, abbinato però allo sterzo attivo, un sistema che non solo provvede ad avvisare del superamento della linea di corsia ma corregge automaticamente la direzione di marcia, agendo sullo sterzo. Un congegno che apporta variazioni anche considerevoli nella traiettoria, e con dei problemi da correggere, come quando interpreta come errore di guida anche il superamento della linea di innesto in una corsia di accelerazione. Le macchine voglio guidarle io, non voglio che siano loro a guidare me.